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DIVIETO DI LICENZIAMENTO ED OBBLIGHI CONTRIBUTIVI

aula tribunale

  

Con riferimento alle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale ed in caso di revoca del licenziamento, l’INPS con il messaggio n. 528 del 5 febbraio 2021 ha fornito le indicazioni operative per quanto concerne gli obblighi contributivi a carico delle imprese. Ne prendiamo spunto per riepilogare le ultime disposizioni sull'argomento.

 

(di Manuela Gatto, Centro studi Aniv)

 

Una delle misure introdotte dal Legislatore per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19 è stata l’introduzione del divieto di licenziamento individuale e collettivo. Si tratta di una previsione che, insieme al potenziamento degli ammortizzatori sociali, è diretta a preservare i posti di lavoro ed a contrastare la riduzione del personale in forza conseguente alla crisi economica in atto.

In origine l’art. 46 del D.L. n. 18/2020, c.d. Decreto Cura Italia, come integrato e modificato dall’art. 80 del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio), ha previsto che a decorrere dal 17 marzo e fino al 17 agosto 2020:

In seguito, con l’art. 14 del D.L. n. 104/2020, c.d. Decreto Agosto, il legislatore ha prorogato il blocco dei licenziamenti di cui sopra a decorrere dal 15 agosto 2020, seppur con una leggera attenuazione del vincolo; veniva stabilita, quale condizione necessaria per non incorrere nel divieto, che i datori di lavoro:

Il D.L. n. 104/2020 ha introdotto, inoltre, rispetto ai precedenti decreti, la possibilità per il datore di lavoro di procedere legittimamente con i recessi, indipendentemente dall’integrale fruizione dei trattamenti di integrazione salariale o dell’esonero contributivo nei seguenti casi tassativi:

Il D.L. 137/2020 (Decreto Ristori) ha prorogato il divieto di licenziamento fino al 31 gennaio 2021, applicabile a prescindere dall’utilizzo della cassa integrazione o dell’esonero contributivo, superando dunque il meccanismo del “divieto mobile” introdotto dal Decreto Agosto, il quale legava il blocco dei licenziamenti alla disponibilità dell’ammortizzatore o degli sgravi .
E’ bene precisare che in ogni caso sono sempre stati estranei al divieto di licenziamento:

L’Ispettorato nazionale del lavoro ha precisato inoltre, con la nota n. 298 del 24/06/2020, che rientra nella sospensione del licenziamento anche l’ipotesi della sopravvenuta inidoneità alla mansione.

Infine nell’intento di dare ulteriore continuità ai rapporti di lavoro nell’attuale fase di emergenza da Covid-19, la Legge di Bilancio 2021 (Legge 30 dicembre 2020, n.178) è intervenuta nuovamente in materia di licenziamenti collettivi e per giustificato motivo oggettivo.
In particolare, i commi 309 e 310 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021 estendono, fino al 31 marzo 2021, il periodo entro il quale resta preclusa ai datori di lavoro la possibilità di avviare le procedure di licenziamento collettivo e di esercitare la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo, salvo specifiche eccezioni.

Nello specifico, la Legge di bilancio 2021 prevede il divieto di:

  1. avviare le procedure di licenziamento collettivo, previste dagli articoli 4, 5 e 24, della Legge n. 223/1991;
  2. concludere eventuali procedure di licenziamento collettivo avviate dopo il 23 febbraio 2020;
  3. procedere a licenziamenti individuali o plurimi per giustificato motivo oggettivo;
  4. avviare procedure di conciliazione obbligatoria, previste dall’articolo 7 della Legge n. 604/1966, previsti unicamente per i lavoratori a tutele reali (lavoratori assunti a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 in aziende con organico superiore alle quindici unità) per i quali l’azienda voglia procedere ad un licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Per quanto riguarda le procedure di licenziamento collettivo, è prevista una eccezione nell’ipotesi in cui i dipendenti interessati al recesso risultino impiegati in un appalto che ha subìto un cambio di appaltatore, il quale, in forza di una norma di legge , di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola prevista all’interno dello stesso contratto di appalto, è obbligato a riassumere il personale in forza al momento del subentro.

Il successivo comma 311 dell’art. 1 della Legge di Bilancio 2021 estende, fino al 31 marzo 2021, le deroghe alle preclusioni in materia di licenziamento, introdotte dall’art. 14, comma 3, D.L. n. 104/2020 e confermate successivamente dall’art. 12, comma 11, D.L. n. 137/2020. Pertanto, ai sensi del suddetto comma 311, le preclusioni e le sospensioni in materia di licenziamenti non si applicano ed quindi è possibile procedere alla risoluzione del rapporto di lavoro nelle seguenti ipotesi:

  1. licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 c.c);
  2. in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;
  3. nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo.

In quest’ultimo caso la procedura deve rispettare le seguenti condizioni:

L’eventuale violazione al divieto di licenziamento comporta la nullità del licenziamento stesso e la reintegra del lavoratore, così come disciplinato dall’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 23/2015, per i lavoratori a tutele crescenti, e dall’articolo 18 della legge n. 300/1970, per i lavoratori a tutele reali.

Con riferimento alle ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale ed in caso di revoca del licenziamento, l’INPS con il messaggio n. 528 del 5 febbraio 2021 ha fornito le indicazioni operative per quanto concerne gli obblighi contributivi a carico delle imprese che procedono in tal senso.

 

Interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale ed in caso di revoca del licenziamento - Obblighi contributivi

 

Dal 15 agosto 2020 le interruzioni del rapporto di lavoro intervenute a seguito di accordo collettivo aziendale dovranno essere esposte nel flusso Uniemens indicando il nuovo codice Tipo cessazione “2A”, avente il significato di: “Interruzione del rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro”.

Inoltre, il datore di lavoro è tenuto al versamento del c.d. ticket di licenziamento. Ciò in quanto, in applicazione dell’art. 2, comma 31, della Legge 92/2012, i datori di lavoro sono tenuti all’assolvimento della contribuzione in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato generi in capo al lavoratore il teorico diritto all’indennità NASpI, a prescindere dall’effettiva fruizione della stessa.

Il contributo, interamente a carico del datore di lavoro, deve essere versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.

L’Istituto specifica che per quanto attiene alle cessazioni intervenute precedentemente alla pubblicazione del messaggio in oggetto, il datore di lavoro è tenuto all’assolvimento dell’obbligo contributivo entro e non oltre il termine di versamento della denuncia del mese di marzo 2021, senza applicazione di ulteriori oneri.

In merito poi alla revoca di licenziamento, come noto, ai sensi dell’art. 14, comma 4, del pluricitato Decreto Agosto, il datore di lavoro poteva revocare i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, già intimati alla data di entrata in vigore della norma o intimati nel corso dell’anno 2020, a condizione che lo stesso inoltrasse contestualmente richiesta di trattamento di integrazione salariale di cui agli artt. da 19 a 22-quinques del D.L. 18/2020, con decorrenza dalla data di efficacia del licenziamento revocato.

Successivamente, la L. 126/2020, di conversione in legge del Decreto Agosto, entrata in vigore il 14/10/2020, ha abrogato il comma 4 e pertanto la revoca dei licenziamenti è stata possibile dal 15 agosto 2020 (data di entrata in vigore del D.L. 104/2020) al 13 ottobre 2020.

L’INPS chiarisce quindi che il rapporto di lavoro deve considerarsi sospeso per il periodo che intercorre tra la data del licenziamento e la data della sua revoca e per tutta la durata dell’integrazione salariale, al termine della quale decorrono nuovamente gli obblighi contributivi in capo al datore di lavoro.
Il messaggio precisa inoltre che durante i periodi di integrazione salariale ordinaria o in deroga ovvero di assegno ordinario, le quote di TFR maturate restano a carico del datore di lavoro.

I datori di lavoro soggetti alla disciplina del Fondo di Tesoreria, pertanto, devono versare al predetto Fondo le quote di TFR maturate dal lavoratore a decorrere dalla data del licenziamento revocato e durante il periodo di integrazione salariale.

Tenuto conto che, per espressa disposizione normativa, alla revoca del licenziamento ai sensi dell’articolo 14, comma 4, del D.L. n. 104/2020, si applica una disciplina in deroga a quella ordinaria (prevista dall’art. 18, comma 10, della legge n. 300/1970) e che il legislatore ha precisato che “...il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro...”, il datore di lavoro tenuto a versare al Fondo di Tesoreria la contribuzione afferente ai periodi pregressi (ossia le quote di TFR maturate dalla data del licenziamento alla data del ripristino del rapporto di lavoro e incrementate della rivalutazione ai sensi dell’articolo 2120 c.c.) è esonerato dal versamento degli oneri aggiuntivi.

I datori di lavoro che non abbiano adempiuto al suddetto obbligo sono tenuti al versamento delle quote di TFR – maturate dal lavoratore a decorrere dalla data del licenziamento revocato e durante il periodo di integrazione salariale richiesto ai sensi del comma 4 dell’articolo 14 del D.L. n. 104/2020 – entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella di pubblicazione del messaggio 528, senza applicazione di ulteriori oneri.
Resta fermo che, per i datori di lavoro tenuti al versamento al Fondo di Tesoreria, l’obbligo contributivo permane secondo le ordinarie scadenze durante i periodi di integrazione salariale non connessi alla fattispecie oggetto del succitato messaggio.

Infine, a seguito della revoca, viene meno l’obbligo del datore di lavoro di versamento del c.d. ticket di licenziamento. Pertanto, i datori di lavoro che hanno assolto l’obbligo di versamento, in conseguenza dell’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, avranno diritto al recupero dell’importo versato.

Per il recupero del c.d. ticket di licenziamento eventualmente versato, i datori di lavoro dovranno avvalersi della procedura delle regolarizzazioni (Uniemens/vig) secondo le consuete modalità.